CASSAZIONE CIVILE, Sezione III, Sentenza n. 19493 del 21/09/2007
Sentenze, Giustizia & Dintorni (a cura dell' Avv. Marco Martini e in collaborazione con il Portale giuridico Litis.it)
Il danno morale puo’ essere liquidato sulla base di criteri standardizzati
CASSAZIONE CIVILE, Sezione III, Sentenza n. 19493 del 21/09/2007
Scarico' canzoni dal web, assolto
Marijuana in casa, non e' reato
Ultras violenti a processo anche senza querela
Intercettazioni, Csm 'assolve' Woodcock
L’accesso ai dati sullo stato di salute puo' essere consentito per tutelare interessi superiori
Il sindaco e’ responsabile delle violazioni alla normativa antinfortunistica all'interno del Comune
Indulto, le cifre ipocrite del ministro Mastella (di Roberto Perotti)
Non commette reato l'indigente che occupa la casa
Non esiste il 'diritto all'amplesso'
Toghe, al via il ricambio
Immigrati: le usanze diverse non giustificano violenza
Abusi sessuali. Valida la testimonianza dei minori
CASSAZIONE PENALE, Sezione III, Sentenza n. 35224 del 21/09/2007
Omicidio Tommaso: Pg Cassazione, la compagna di alessi resti in carcere
Antonella Conserva, la compagna di Mario Alessi, accusata di concorso nel sequestro del piccolo Tommaso Onofri, il bambino di 18 mesi rapito alle porte di Parma il 2 marzo scorso e trovato senza vita un mese dopo, deve rimanere in carcere. Lo ha chiesto il sostituto procuratore generale della Cassazione, Angelo Di Popolo, ai giudici della V sezione penale chiamati oggi a decidere sul ricorso presentato dalla difesa di Antonella Conserva contro l'ordinanza del Tribunale della liberta' di Bologna dello scorso 10 maggio. Secondo la pubblica accusa della Cassazione la ''rilevanza indiziaria'' nei confronti della compagna di Alessi e' ''ben sussistente''. Dunque sono ''necessarie'', a suo avviso, le esigenze cautelari. Bocciata inoltre dal pg la richiesta della difesa di dichiarare l'illegittimita' costituzionale relativa al fatto che il giudice relatore che si e' occupato della vicenda si e' espresso in due giudizi. Secondo il pg non c'e' incompatibilita'. Da qui e' la richiesta di rigetto del ricorso. Il verdetto nelle prossime ore.
Lavavetri, gip di Firenze archivia le denunce
Il gip ha cosi' accolto la richiesta del procuratore capo del capoluogo toscano Ubaldo Nannucci che ha rilevato l'illegittimita' del provvedimento del Comune in quanto richiamava una sanzione penale per un fatto, l'esercizio abusivo di un mestiere girovago, che la legge prevede solo come illecito amministrativo in seguito alla sua depenalizzazione.
Il gip, nella sua motivazione, ha ritenuto "dirimente" ancor prima l'orientamento giurisprudenziale della Cassazione, consolidato da oltre 10 anni, sull'applicazione dell'articolo 650 cp. Il gip ha poi ricordato che per la Cassazione, l'articolo 650 e' applicabile se l'inosservanza riguarda un ordine specifico impartito ad un soggetto determinato o determinabile. Inoltre, l'inosservanza deve riguardare "un provvedimento adottato in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna specifica previsione normativa che comporti una specifica e autonoma sanzione". L'ordinanza di Palazzo Vecchio, ha osservato invece il gip, "e' data in via preventiva, ma ad una generalita' di soggetti, ha carattere sostanzialmente regolamentare e non ha pertanto le caratteristiche sopra indicate e quindi la sua inosservanza non puo' integrare il reato di cui all'articolo 650 cp".
Con l'archiviazione il gip ha disposto la restituzione di quanto sequestrato ai lavavetri.
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Il mandato di cattura europeo non garantisce il cittadino
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Leggi l'articolo di Antonella Ricciardi su corrierediaversaegiugliano.it
Parisi: con la finanziaria riforma della magistratura militare
UE - l'Italia condannata per la violazione delle norme a tutela dell'ambiente
Frattini. Droga, più prevenzione e cooperazione tra le polizie
Per Frattini alle azioni preventive, vanno però affiancate una maggiore cooperazione transnazionale tra gli organi di polizia dei singoli Stati membri che si occupano specificatamente di droga e rafforzare Europol, la polizia europea. Il commissario propone anche un'unica banca dati europea alimentata dai singoli Stati che contenga tutte le informazioni relative ai componenti delle organizzazioni criminali, questo anche in vista dell'ulteriore caduta delle frontiere (e quindi dei controlli) dei Paesi neocomunitari.
"Si tratta di proposte che non richiedono una politica comune europea - sottolinea Frattini - perché oggi purtroppo non c'è e non ci sarà a breve una normativa comune in materia di droga: ogni Stato fa per se". E proprio di fronte all'assenza di un'azione comune, Frattini promuove il "ruolo centrale dei sindaci che devono gestire le politiche antidroga sul territorio", così come del resto devono fare in tema di immigrazione. In questo senso, Frattini lancia l'idea di un manifesto delle città europee "che può dare un messaggio forte anche ai governi più riluttanti verso una legislazione comune".
A preoccupare maggiormente Frattini c'è la crescita costante della produzione di stupefacenti che avviene nelle regioni del Sud dell'Afghanistan sotto controllo dei talebani. "La comunità internazionale deve essere chiara: le piantagioni devono essere prioritariamente distrutte" ha affermato il commissario europeo, sottolineando come la "sostituzione dell'oppio con culture alternative non ha finora assolutamente funzionato".
L'altro tema di preoccupazione è legato alle rotte africane del traffico internazionale di stupefacenti. "L'enorme povertà, la grande corruzione, l'assenza di istituzioni solide e la presenza di cellule del terrorismo islamico - spiega Frattini - permettono che in alcuni Paesi africani i trafficanti introducano enormi quantità di droga che poi vengono smerciate in Europa".
Così come aveva fatto questa mattina il viceministro dell'Interno Marco Minniti, anche Frattini evidenzia il rischio di "una crescente commistione tra i trafficanti di droga e quelli di uomini". Di certo, secondo il vicepresidente della Commissione europea "lo stupefacente è sempre più a buon mercato e sempre più diffuso", e c'è un sensibile aumento delle droghe chimiche: più facili e meno costose da produrre e distribuire.
Occupare il posto di lavoro non si puo'
Risarcibile il danno esistenziale da ingorgo
All'ingresso del casello non vi era alcuna indicazione di interruzione della carreggiata sud. Percorsi poche centinaia di metri l'automobilista rimaneva tuttavia bloccato sulla bretella di immissione in autostrada, a seguito del formarsi di una lunga colonna di autoveicoli dovuta ad un incidente verificatosi verso le 12,45, sempre sulla corsia sud dell'A22 in localita’ «Laimburg», a circa 10 km dal casello di Bolzano Sud. L'utente rimaneva imbottigliato nel tratto interessato ed impossibilitato ad effettuare qualsiasi manovra di uscita dall'autostrada, doveva attendere fino alle 15,30 circa per riprendere la marcia, quando il traffico aveva potuto riprendere a scorrere normalmente.
L'automobilista faceva presente sin da subito per iscritto alla direzione della A22 le circostanze di cui sopra, richiedendo un risarcimento esistenziale per il disagio fisico e psicologico subito in occasione dell'accaduto. L'A22 declinava ogni responsabilita’ ed il consumatore, grazie anche al supporto del Ctcu, decideva di avviare azione civile di risarcimento nei confronti della stessa societa’, lamentando che la stessa non avesse posto in essere alcun avviso volto ad informare tempestivamente l'utenza della presenza di code lungo il tratto autostradale interessato, in conseguenza dell'incidente verificatosi quasi due ore prima.
In corso di causa, il consumatore e’ riuscito a provare con testimoni il disservizio dell'A22, e dopo oltre quattro anni dall'avvio dell'azione il giudice di pace di Bolzano ha finalmente riconosciuto la responsabilita’ dell'A22 e l'ha condannata al risarcimento di danni e spese di giudizio.
Indennita' sempre dovuta ai condomini anche per una minima sopraelevazione
Con la sentenza n. 16794/07, le Sezioni Unite sono intervenute a risolvere la controversia in tema di disciplina delle costruzioni sopra l’ultimo piano dell’edificio condominiale, in particolare sui presupposti genetici dell’obbligazione d’indennizzo imposta a carico del condomino che sopraeleva in favore degli altri condomini.
L ’art.1127 I comma del c.c attribuisce il diritto di sopraelevazione al condomino proprietario esclusivo dell’ultimo piano o del lastrico solare e al IV comma pone, a carico dello stesso, l’obbligo di corrispondere agli altri condomini un indennita’. Cio’, come evidenziato da dottrina e giurisprudenza prevalenti, in virtu’ “della necessita’ d’una misura compensativa della riduzione del valore delle quote degli altri condomini sulla comproprieta’ del suolo comune conseguente alla sopraelevazione realizzata da uno d’essi e e dell’acquisto da parte di questi della proprieta’ relativa”.
La Corte sostiene, sulla comparazione della normativa esistente in materia, che afferma l’inapplicabilita’ della norma in esame nei casi di semplice ristrutturazione interna che non comporti alcuna alterazione dello stato originario degli spazi interessati, che la fattispecie prevista dal IV comma dell’articolo 1127 del codice civile va ravvisata “in ogni ipotesi di incremento delle superficie e del volume degli spazi oggetto delle opere, indipendentemente dal fatto che esso dipenda o meno dall’innalzamento dell’altezza del fabbricato, come ad esempio,nel caso in cui ferma l’altezza del colmo del tetto, ove l’incremento di superficie effettivamente utilizzabile e di volumetria si realizzano mediante la trasformazione dello spiovente da rettilineo con pendenza unica a spezzato con pendenze diverse, o – ma e’ ipotesi di dubbia legittimita’ - mediante l’ampliamento della base con la costruzione d’uno sporto e la conseguenziale estensione del tetto”.
Alla stregua di quanto detto, e’ indubbio che qualsiasi innalzamento delle mura perimetrali, indipendentemente dall’altezza, ed il rifacimento del tetto al di sopra di esse, costituisce una nuova fabbrica che deve essere considerata come sopraelevazione e pertanto oggetto dell’obbligo di corresponsione dell’indennita’ prevista.
(© http://www.litis.it/, 18/09/2007)
Puo' essere licenziato il dipendente che denigra la propria azienda
Le critiche anche spietate alla magistratura fanno bene alla democrazia
E’ quanto si sostiene nella sentenza n. 34432 emessa dalla V sezione Penale in data 15 settembre 2007 con la quale la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dal PM Mario Blandini contro l’assoluzione di un giornalista che aveva criticato la decisione del PM di patteggiare la pena di ruggero Junker(16 anni di reclusione), accusato dell’omicidio della fidanzata.
L’utilizzo di frasi talvolta eccessive, spiega la Cassazione, e’ un mezzo per farsi interpreti della disapprovazione dell’opinione pubblica per un comportamento processuale della pubblica accusa e per una decisione della corte di appello ritenuti ingiusti nonche’ lesivi del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. L’opinione pubblica, infatti, segue con particolare attenzione i fatti di cronaca nera e reclama processi non solo rapidi ma anche rispettosi dei principi costituzionali. Le decisioni dei magistrati, quindi, sono soggette a critiche se risultano ingiuste e non degne di un paese democratico.
Nella fattispecie fu lo stesso Pm ad usare l’espressione “pochi, maledetti e subito” in relazione alla pena patteggiata. La critica al magistrato, conclude la Corte, e’ pienamente giustificata dal momento che l’espressione utilizzata dal Pm esprime una concezione del diritto e della giustizia quantomeno singolari.
Litis.it
Maniere forti contro gli alunni? scatta la condanna per il maestro
Infatti a denunciare i problemi che possono derivare da sistemi di educazione troppo rigidi e umilianti per i piccoli e’ proprio la Suprema corte che, con la sentenza n. 34674 di oggi, ha respinto il ricorso di un maestro e reso definitiva la condanna a questo inflitta dalla Corte d'appello di Catania (tre mesi di reclusione) per abuso dei mezzi di correzione (il Tribunale di Siracusa lo aveva inizialmente condannato per maltrattamenti).
Nelle aule della scuola elementare siciliana si sono verificati dei veri e propri soprusi a carico dei bambini: li percuoteva con calci e schiaffi, li chiudeva nell'armadio, e in particolare faceva spogliare completamente nudo in classe uno di loro.
Nel ricorso per Cassazione il maestro ha sostenuto che i suoi sistemi educativi non erano altro che un modo per "trovare un dialogo con una classe impossibile".
I giudici della VI sezione penale non hanno condiviso tale tesi e hanno respinto il gravame denunciando, tra l'altro, le conseguenze che questi atteggiamenti possono provocare sui bambini e accompagnarli lungo tutta la loro vita di adulti.
Secondo i Supremi Giudici, gli atti compiuti dall'imputato hanno realizzato traumi psicologici per le piccole vittime e, percio’, fatti da cui deriva pericolo di una malattia nella mente delle parti offese; pericolo che, alla stregua delle piu’ recenti acquisizioni scientifiche, sussiste ogni qualvolta ricorre il concreto di rilevanti conseguenze sulla salute psichica del soggetto passivo, essendo opinione comune nella letteratura scientifica-psicologica che metodi di educazione rigidi ed autoritari, che utilizzano comportamenti punitivi violenti o costrittivi, siano non soltanto pericolosi ma anche dannosi per la salute psichica cosi’ da essere responsabili di una serie di disturbi: dallo stato d'ansia, all'insonnia e alla depressione, o a veri e propri disturbi caratteriali e comportamentali nell'eta’ adulta.
Vedi anche: Dalla Cassazione un monito al "padre padrone" - CASSAZIONE PENALE, Sezione VI, Sentenza n. 34460 del 12/09/2007
Uso indebito del cellulare aziendale. Legittimo il licenziamento
Gli “Ermellini” hanno dapprima ricordato un consolidato orientamento secondo cui l'elencazione delle ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta nei contratti collettivi, al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo, ha valenza meramente esemplificativa e non esclude, percio’, la sussistenza della giusta causa per un grave inadempimento o per altro grave comportamento del lavoratore, contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile, alla sola condizione che tale grave inadempimento o tale grave comportamento, con apprezzamento di fatto del giudice di merito non sindacabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato, abbia fatto venir meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore (ex plurimis Cass. n. 2906 del 2005; Cass. n. 16260 del 2004; Cass. n. 5372 del 2004).
Nella fattispecie, l’omessa diligenza nella sorveglianza e’ tale da configurare un grave inadempimento che ha fatto venir meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore, per i profili soggettivi ed oggettivi, per essersi protratta nel tempo e per gli indebiti vantaggi conseguiti in danno del datore di lavoro.
(Marco Martini, © http://www.litis.it/, 13/09/2007)
Dalla Cassazione un monito al "padre padrone"
E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza in rassegna, dichiarando inammissibile il ricorso di un genitore che aveva impedito alla figlia, da quando aveva appena cinque anni, di frequentare persone di sesso maschile e di uscire di casa.
Condannato in primo grado per maltrattamenti dal Tribunale di Torino, la sentenza era stata confermata anche dalla Corte di Appello
Secondo la VI Sezione della Cassazione, il regime di prevaricazione e violenza cui e’ stata sottoposta la persona offesa, tale da rendere intollerabili le condizioni di vita, non si concilia con le caratteristiche del delitto di abuso dei mezzi di correzione e disciplina, che presuppone un uso consentito e legittimo dei mezzi correttivi che, senza spingere a forme di violenza, trasmodi in abuso a cagione dell'eccesso, arbitrarieta’ o intempestivita’ della misura.
Ed in effetti, il ragionamento seguito dalla Cassazione e’ del tutto condivisibile se si considera che, fondamentalmente, il reato di abuso dei mezzi di correzione presuppone da un lato una esasperazione – sia sotto il profilo della arbitrarieta’ che dell’eccesso della misura – dei mezzi correttivi, dall’altro l’assoluta assenza di forme di violenza, essendo tollerati solo quegli atti di minima violenza fisica o morale che risultino necessari per rafforzare la proibizione di comportamenti oggettivamente pericolosi del minore.
Il reato di maltrattamenti, invece, e’ connotato da un dolo generico consistente nella coscienza e volonta’ di sottoporre il soggetto passivo – nella fattispecie, la figlia – ad una serie di sofferenze fisiche e morali in modo continuo ed abituale, in maniera da lederne complessivamente la personalita’ e tali da costituire proprio quel regime di “prevaricazione e violenza”, individuato dalla Cassazione, tale da rendere intollerabili le condizioni di vita della figlia.
(Marco Martini © Litis.it, 12/09/2007)
No al cellulare agli esami, scatta il sequestro
Ai fini del sequestro preventivo di cosa di cui e' consentita la confisca, e' sufficiente l'esistenza di un nesso strumentale fra la 'res' e la perpetrazione del reato, non essendo necessario che la cosa sia anche strutturalmente funzionale alla commissione del reato, nel senso che debba essere specificamente predisposta per l'azione criminosa.
Non e' mobbing trasferire lavoratore in altro reparto
CASSAZIONE CIVILE, Sezione Lavoro, Sentenza n. 18580 del 04/09/2007
Carcere preventivo anche per i minorenni
Con tale pronuncia, dunque, la posizione dei minori e’ stata equiparata a quella degli adulti che si macchiano di questo tipo di reato.
La Cassazione fa riferimento a due orientamenti giurisprudenziali contrastanti e delle modifiche legislative introdotte con la legge 128 del 2001 concludendo che vi e’ senza dubbio continuita’ normativa tra le gia dette fattispecie di furto aggravato in appartamento o con strappo e quelle introdotte dall'articolo 624 bis del Cpp. Infatti nuovi illeciti conservano la struttura delle vecchie fattispecie aggravate e vi apportano solo lievi variazioni lessicali. In definitiva - conclude il Collegio - la struttura e la lettera delle norme regolatrici del caso che ne occupa, impongono di ritenere che la misura della custodia cautelare sia applicabile ai minorenni chiamati a rispondere di tentato furto in abitazione con effrazione
Per il mobbing configurabile il reato di maltrattamenti
Secondo i Supremi giudici, per la sussistenza del reato occorre la prova della reiterazione delle condotte potenzialmente lesive dell'integrita’ della vittima.
(M.M., © http://www.litis.it/, 10 Settembre 2007)
Obbligo di dimora con divieto di uscita notturna per i piromani
Secondo la Suprema Corte, anche se i due giovani per ora sono indagati e’ piu’ che legittimo imporre questo tipo di sanzione ''alla luce della gravita’ dell'accusa, data la "recidivita’ dimostrata dai giovani". Gia’ il Tribunale di Bologna, nel dicembre 2007, aveva imposto ai due giovani di rimanere rigorosamente chiusi in casa di notte "con riguardo ai gravi indizi di commissione di numerosi incendi provocati dal settembre del 2005".
Inutilmente i due giovani accusati si sono rivolti alla Cassazione, sostenendo tra l'altro che erano trascorsi "oltre sei mesi dall'ultimo episodio contestato". La Prima sezione penale ha respinto i ricorsi di A. G. e F. A., sostenendo che "la misura" applicata dell'obbligo di dimora con divieto di uscita notturna deve "ritenersi giustificata dalla singolare recidivita’ specifica dimostrata dai giovani indagati".
Ricovero in camera a pagamento, la visita del medico non si paga
Il cittadino che fruisce di un ricovero ospedaliero in camera a pagamento non e' tenuto a pagare anche la prestazione offerta dal medico. Lo sottolinea la Cassazione con una sentenza della Prima sezione civile che da' ragione ad un paziente della Versilia, Raffalele G., ricoverato d'urgenza in ospedale per un intervento chirurgico urologico. Al paziente, l'ex Usl 3 della Versilia, si legge nella sentenza 18453, "aveva imputato con le spese di degenza in una camera speciale imposta dalla carenza di posti nelle corsie ordinarie gratuite, anche il corrispettivo delle prestazioni dei medici in regime libero professionale".
Dalla Cassazione uno stop agli omeopati improvvisati
In questo modo, la Suprema Corte ha annullato l'assoluzione accordata dalla Corte d'Appello di Bologna a Marcello M., che "aveva esercitato, attraverso visite mediche, diagnosi e terapie l'attivita’ di medico", dal '93 al gennaio '98, "senza aver conseguito alcuna abilitazione dell'esercizio della professione medica". Per il giudice di merito, settembre 2005, l'uomo andava assolto perche’ prescrivendo medicine di origine naturale non aveva compiuto atti riconducibili all'attivita’ propria di un medico. Tanto piu’ che i suoi pazienti sapevano benissimo che non era un medico.
Di parere contrario la Cassazione che ha invece accolto il ricorso della Procura di Bologna. Per gli Ermellini integra il reato di esercizio della professione medica la condotta di chi effettua diagnosi e rilascia prescrizioni e ricette sanitarie per prodotti omeopatici perche’ tali attivita’ rientrano nell'esercizio di un'attivita’ sanitaria che presuppone, per il legittimo espletamento, il possesso di un titolo valido e idoneo. E cio’ anche sei rimedi omeopatici non sono riconosciuti dallo Stato. ,Non essendo essi vietati, sono rimessi alla libera scelta del paziente d'accordo con il suo medico curante dal quale le ricette devono essere redatte. In caso contrario sarebbe paradossale imporre oneri a chi intende curare pazienti dopo essersi formato su testi della scienza medica ufficiale e non esigerli, invece, per chi voglia svolgere un'attivita’ terapeutica in base a nozioni e metodi alternativi non riconosciuti dalla comunita’ scientifica.Tra le attivita’ di esclusiva competenza dei medici, secondo la Cassazione, figurano la chiropratica, l'agopuntura, i messaggi terapeutici, l'ipnosi curativa, la fitoterapia, l'idrologia. Possono invece stare abbastanza tranquilli quanti si rivolgono a ottici per la prescrizione di lenti a contatto: perche’ per questi, sottolinea piazza Cavour, non e’ prevista la laurea in medicina. Stesso discorso per l'attivazione di una ginnastica oculare rieducativa mediante apparecchiatura elettronica, la depilazione con gli aghi, la misurazione della pressione arteriosa non seguita da giudizio diagnostico, la gestione in un centro tricologico con finalita’ di miglioramento estetico, la consulenza dietetica in un centro di rieducazione alimentare, la vendita di erbe con indicazione della loro modalita’ di azione, la realizzazione di tatuaggi. In tutti questi casi non serve la laurea del medico.
Vietato modificare la Playstation
I fatti in questione risalgono al 2002. La riforma legislativa in materia di pirateria e contraffazione di supporti informatici e’ dell’anno successivo. Proprio per questo motivo al commerciante altoatesino di microchip era stato contestato il reato di violazione delle norme sul diritto d’autore. I giudici bolzanini avevano mandato assolto l’imputato ma ora la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza rimandando gli atti ad un’altra sezione della Corte d’appello. Al centro della vicenda c’era la possibilita’ di modificare le capacita’ elettroniche della Playstation 2 messa in commercio dalla Sony. Con i microchip messi in commercio dall’imputato la consolle in questione si trasformava in un vero e proprio personal computer, una «bomba» iper tecnologica in grado di leggere non solo in videogiochi ufficiali, autorizzati Sony, ma anche quelli «taroccati», masterizzati o scaricati da internet. La Sony si era sempre opposta in sede legale ad ogni manipolazione della consolle con l’obbiettivo di ottenere di avere un completo controllo-monopolio sui giochi venduti. I giudici di Bolzano non avevano pero’ accolto le tesi dei legali del colosso informatico giapponese. Ora la Corte di Cassazione ha ribaltato la situazione.
Al di la’ delle innovazioni tecnologiche che portano sempre piu’ a prodotti informatici, digitali e multimediali fruibili da chiunque - spiegano i giudici della terza sezione penale della Cassazione - rimane un concetto di base che e’ quello della protezione del prodotto messo in commercio e quindi del diritto d’autore da difendere. Pertanto anche se cambiano i prodotti, come in questo caso, e non esiste un richiamo specifico della legge alla nuova tecnologia, in base all’art.171 della legge 633 e’ punibile «chiunque produce, utilizza, importa, detiene per la vendita, pone in commercio, vende noleggia o cede a qualsiasi titolo sistemi atti ad eludere, decodificare o rimuovere le misure di protezione del diritto d’autore o dei diritti connessi». Questa formulazione, sottolineano infine i giudici della Suprema Corte, comprende anche l’elusione o rimozione dei sistemi di protezione integrati fra supporto informatico e l’apparato destinato ad essere utilizzato. Nel corso del giudizio di merito l’imputato si era invece difeso sostenendo che la vendita del microchip fosse legittima partendo dal presupposto che chi acquista un bene (la playstation) ha il diritto di farne quello che vuole.