Sentenze, Giustizia & Dintorni (a cura dell' Avv. Marco Martini e in collaborazione con il Portale giuridico Litis.it)
In auto vietato toccare il telefono
La moglie che tradisce in casa perde i beni donati dal marito
Per il PG fu legittimo l'arresto di Filippo Pappalardi. Ma la Cassazione non la pensa cosi
Più garanzie per il rimpatrio di minori rumeni
Non sempre la colpa del divorzio è di chi tradisce
E' quanto si evince dalla sentenza 13431 depositata dalla Corte di Cassazione il 23 maggio 2008 e con la quale è stato respinto il ricorso di un ex marito che chiedeva di addebitare alla moglie la separazione perché sembra che, dopo una crisi particolarmente profonda tra i due, lei lo avesse tradito. Il tribunale di Palermo, in primo grado, gli aveva dato ragione. Poi la Corte d'appello siciliana, a novembre del 2003, aveva cambiato idea "negando l'addebito alla ex moglie e attribuendo un assegno a carico del marito". Così lui ha fatto ricorso alla Suprema Corte ma con scarso successo: la prima sezione civile, ripercorrendo la decisione della Corte d'appello ha infatti giudicato quest'ultima congruamente motivata perché dalla ricostruzione dei fatti era emerso che il tradimento non era stato la causa della crisi ma piuttosto la conseguenza di una crisi fra i due già in atto e che, ad ogni modo, avrebbe portato di lì a poco alla separazione.
In particolare, si legge nelle motivazioni, "quanto all'inosservanza dell'obbligo di fedeltà, questa rappresenta una violazione particolarmente grave la quale deve ritenersi di regole circostanza sufficiente a determinare l'addebito della separazione a carico del coniuge responsabile, fermo restando che deve sussistere il nesso di causalità fra l'infedeltà e la crisi coniugale, il quale viene meno ove preesista una crisi già irrimediabilmente in atto".
Rischia la sospensione il dipendente statale che "naviga" troppo
Lo statale che naviga troppo sul web e scarica su archivi personali materiale non legato al suo lavoro rischia la sospensione dal posto di lavoro. Un comportamento di questo tipo, infatti, dice la Cassazione, puo' configurare il reato di peculato punito al pari delle telefonate private fatte dall'ufficio. Applicando questo principio, la Sesta sezione penale ha accolto il ricorso della Procura di Bari contro la revoca della sospensione dall'esercizio di pubblico servizio accordata ad un dipendente del comune di Trani, Maurizio D.A., pizzicato a servirsi "del computer d'ufficio, cui era collegato un masterizzatore dvd, per uso personale usufruendo della rete informatica del comune". L'impiegato comunale, ricostruisce la sentenza 20326, "navigava in internet su siti non istituzionali, scaricando su archivi personali dati e immagini non inerenti alla pubblica funzione, prevalentemente materiale di carattere pornografico, con danno economico dell'ente". Indagato per peculato, l'impiegato comunale era stato prima sospeso dal Tribunale di Trani, aprile 2007, e riammesso dal Tribunale di Bari, un mese dopo, sulla base del fatto che il reato di peculato "tutela il patrimonio della P.A. e che lo stesso non poteva essere depauperato a seguito dei collegamenti in questione di un computer comunque e sempre collegato alla rete elettrica e telefonica indipendentemente dall'uso della navigazione".
Mario Pavone: Le detenute-madri. Riflessioni a margine della sentenza di Cogne
La criminalita’ femminile e’ divenuta materia di indagine e di studio solo da poco. Da quando cioe’, negli ultimi trent'anni, le donne sono diventate protagoniste del profondo cambiamento sociale che ha interessato il nostro paese e che si e’ risolto nella approvazione di una serie di leggi a favore della liberta’ e della emancipazione delle donne: dalla procreazione controllata alla depenalizzazione dell'aborto, dal divorzio all'abrogazione del reato di adulterio femminile, con il riconoscimento di una parita’ - in termini di diritto di accesso a lavori prima esclusivi del mondo maschile e di parita’ di retribuzione - che interessa ora l'intera sfera sociale.
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