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Espropriazione per pubblica utilità. necessario un serio ristoro

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 5-bis, commi 1 e 2, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, e, in via consequenziale, dell’art. 37, commi 1 e 2, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita’). Le disposizioni censurate, le quali prevedevano per le espropriazioni per pubblica utilita’ un’indennita’ spettante al proprietario tra il 50 ed il 30 per cento del valore di mercato del bene, con consentono un ragionevole legame con il valore effettivo del bene, ne’ un serio ristoro in termini di indennita’. Quest’ultima e’ inferiore alla soglia minima accettabile di riparazione dovuta ai proprietari espropriati, anche in considerazione del fatto che la pur ridotta somma spettante ai proprietari viene ulteriormente falcidiata dall’imposizione fiscale, la quale si attesta su valori di circa il 20 per cento. Il legittimo sacrificio che puo’ essere imposto in nome dell’interesse pubblico non puo’ giungere sino alla pratica vanificazione dell’oggetto del diritto di proprieta’.

Su Litis.it la sentenza per esteso:
- CORTE COSTITUZIONALE, Sentenza n. 348 del 24/10/2007

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