Risponde di maltrattamenti (art. 572 c.p.), e non gia’ di abuso dei mezzi di correzione (art. 571 c.p.) il genitore che con la forza impedisce alla figlia, fin da bambina, di uscire di casa, se non per andare a scuola e fare la spesa, e di frequentare i maschi.
E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza in rassegna, dichiarando inammissibile il ricorso di un genitore che aveva impedito alla figlia, da quando aveva appena cinque anni, di frequentare persone di sesso maschile e di uscire di casa.
Condannato in primo grado per maltrattamenti dal Tribunale di Torino, la sentenza era stata confermata anche dalla Corte di Appello
Secondo la VI Sezione della Cassazione, il regime di prevaricazione e violenza cui e’ stata sottoposta la persona offesa, tale da rendere intollerabili le condizioni di vita, non si concilia con le caratteristiche del delitto di abuso dei mezzi di correzione e disciplina, che presuppone un uso consentito e legittimo dei mezzi correttivi che, senza spingere a forme di violenza, trasmodi in abuso a cagione dell'eccesso, arbitrarieta’ o intempestivita’ della misura.
Ed in effetti, il ragionamento seguito dalla Cassazione e’ del tutto condivisibile se si considera che, fondamentalmente, il reato di abuso dei mezzi di correzione presuppone da un lato una esasperazione – sia sotto il profilo della arbitrarieta’ che dell’eccesso della misura – dei mezzi correttivi, dall’altro l’assoluta assenza di forme di violenza, essendo tollerati solo quegli atti di minima violenza fisica o morale che risultino necessari per rafforzare la proibizione di comportamenti oggettivamente pericolosi del minore.
Il reato di maltrattamenti, invece, e’ connotato da un dolo generico consistente nella coscienza e volonta’ di sottoporre il soggetto passivo – nella fattispecie, la figlia – ad una serie di sofferenze fisiche e morali in modo continuo ed abituale, in maniera da lederne complessivamente la personalita’ e tali da costituire proprio quel regime di “prevaricazione e violenza”, individuato dalla Cassazione, tale da rendere intollerabili le condizioni di vita della figlia.
(Marco Martini © Litis.it, 12/09/2007)
E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza in rassegna, dichiarando inammissibile il ricorso di un genitore che aveva impedito alla figlia, da quando aveva appena cinque anni, di frequentare persone di sesso maschile e di uscire di casa.
Condannato in primo grado per maltrattamenti dal Tribunale di Torino, la sentenza era stata confermata anche dalla Corte di Appello
Secondo la VI Sezione della Cassazione, il regime di prevaricazione e violenza cui e’ stata sottoposta la persona offesa, tale da rendere intollerabili le condizioni di vita, non si concilia con le caratteristiche del delitto di abuso dei mezzi di correzione e disciplina, che presuppone un uso consentito e legittimo dei mezzi correttivi che, senza spingere a forme di violenza, trasmodi in abuso a cagione dell'eccesso, arbitrarieta’ o intempestivita’ della misura.
Ed in effetti, il ragionamento seguito dalla Cassazione e’ del tutto condivisibile se si considera che, fondamentalmente, il reato di abuso dei mezzi di correzione presuppone da un lato una esasperazione – sia sotto il profilo della arbitrarieta’ che dell’eccesso della misura – dei mezzi correttivi, dall’altro l’assoluta assenza di forme di violenza, essendo tollerati solo quegli atti di minima violenza fisica o morale che risultino necessari per rafforzare la proibizione di comportamenti oggettivamente pericolosi del minore.
Il reato di maltrattamenti, invece, e’ connotato da un dolo generico consistente nella coscienza e volonta’ di sottoporre il soggetto passivo – nella fattispecie, la figlia – ad una serie di sofferenze fisiche e morali in modo continuo ed abituale, in maniera da lederne complessivamente la personalita’ e tali da costituire proprio quel regime di “prevaricazione e violenza”, individuato dalla Cassazione, tale da rendere intollerabili le condizioni di vita della figlia.
(Marco Martini © Litis.it, 12/09/2007)
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