Non va incontro a un licenziamento in tronco chi si addormenta durante l’orario di lavoro. La Cassazione ha infatti annullato con rinvio una sentenza con cui la Corte d’appello di Venezia aveva ritenuto legittimo il licenziamento “per giusta causa” inflitto a un dipendente di una societa’ di vigilanza privata, al quale era stata contestata la recidiva nell’”addormentarsi in servizio”. In primo grado, il giudice del lavoro di Verona aveva disposto il reintegro dell’uomo al suo posto, nonche’ un risarcimento danni a suo favore, rilevando che la societa’ datrice di lavoro aveva violato quanto stabilito dallo Statuto dei lavoratori sulla contestazione dell’addebito e il diritto di difesa, e che l’episodio a cui era stata riferita la recidiva non fosse mai stato in precedenza contestato.
Di tutt’altro avviso la Corte d’appello veneziana, che, qualificato il licenziamento non come “disciplinare”, ma come “per giusta causa”, aveva ritenuto “superfluo” esaminare se fossero state o meno “scrupolosamente rispettate le procedure in tema di licenziamento disciplinare”, ed aveva dunque confermato il provvedimento emesso dalla societa’. La Suprema Corte (sezione lavoro, sentenza n.6437) ha ritenuto invece fondato il ricorso presentato dal lavoratore, ricordando che “il licenziamento motivato da una condotta colposa o comunque manchevole del lavoratore, indipendentemente anche dalla sua inclusione o meno tra le misure disciplinari della specifica disciplina del rapporto, deve essere considerato di natira disciplinare e, quindi, deve essere assoggettato alle garanzie dettate in favore del lavoratore dal secondo e terzo comma dell’articolo 7 della legge n.300 del 1970 circa la contestazione dell’addebito ed il diritto di difesa”. Il caso dovra’ dunque essere riesaminato alla luce del suddetto principio dalla Corte d’appello di Brescia.
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