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Calipari; per la Cassazione non fu crimine di guerra ma solo un tragico evento

Cassazione Penale, Sezione I, Sentenza n. 31171 del 24/07/2008

La morte di Nicola Calipari, tragicamente ucciso dal marine Mario Lozano, dopo la liberazione della giornalista del Manifesto, Giuliana Sgrena, non fu "un crimine di guerra" ma un evento tragico. Ecco perché la prima sezione penale della Corte di Cassazione, lo scorso 19 giugno 2008, ha stabilito che il soldato americano non potesse essere giudicato dalle autorità italiane.

"Non sussiste la giurisdizione penale dello Stato italiano né quella dello Stato territoriale, bensì quella esclusiva degli Usa, Stato di invio del personale militare partecipante alla forza multinazionale in Iraq, in applicazione del principio di diritto internazionale consuetudinario della immunità funzionale o dell'individuo-organo dello Stato estero della giurisdizione penale di un altro Stato, per gli atti eseguiti nell'esercizio dei compiti e delle funzioni a lui attribuiti: principio non derogabile, nella specie, per l'assenza nelle circostanze e modalità del fatto contestato delle caratteristiche proprie della grave violazione del diritto internazionale umanitario, con particolare riguardo alla non configurabilità nel caso concreto di un crimine contro l'umanità o di un crimine di guerra".

Con questo principio la Prima sezione penale della Cassazione ha messo la parola fine alla vicenda Calipari. Nella sentenza 31171 di oggi in più punti delle motivazioni si legge infatti che i tragici avvenimenti di quel 4 marzo 2005 a Baghdad non furono un crimine contro l'umanità. "Sembrano ostare - si legge in un altro passaggio chiave della sentenza - alla configurabilità di un odioso e inumano atto ostile contro civili e quindi del crimine di guerra, nonostante l'indubbia tragicità degli eventi lesivi in danno di persone estranee al conflitto armato iracheno, la concreta dimensione storica dell'episodio (l'approssimarsi del veicolo, con a bordo i due funzionari italiani e la giornalista liberata, in avvicinamento veloce al posto di blocco per raggiungere l'aeroporto militare di Baghdad; la localizzazione del check point, all'intersezione fra due strade di accesso all'aeroporto, già oggetto di ripetuti attacchi terroristici; la situazione di massima allerta dei soldati in servizio, in attesa del corteo dell'ambasciatore Usa in Iraq) e il carattere isolato e individuale dell'atto". Insomma, a parere della prima sezione penale di Piazza Cavour, nonostante la tragicità di quell'evento non può di sicuro affermarsi che si trattasse di un omicidio volontario contro un civile.

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